#Paulloricorda trentennale della strage di via d’Amelio
Ultima modifica 8 marzo 2024
Esattamente 30 anni fa, domenica 19 luglio 1992, a Palermo, in Via D’Amelio, il magistrato Paolo Borsellino, simbolo insieme al Giudice Giovanni Falcone della lotta contro la mafia, veniva barbaramente ucciso di fronte al palazzo dove abitava sua madre. Erano le 16.58 di domenica 19 luglio 1992. Una Fiat 126 imbottita di tritolo, parcheggiata sotto l’abitazione dell’anziana madre, esplose al passaggio del magistrato. Rimasero uccisi, oltre a Paolo Borsellino, anche i cinque agenti della sua scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Paolo Borsellino aveva 52 anni e ancora molte cose da fare. Nemmeno due mesi prima la mafia aveva colpito, con una ferocia inaudita, Giovanni Falcone, ponendo fine alla sua vita. Borsellino sapeva che anche la sua vita era a termine. È lui stesso che, proprio in quelle settimane dopo la strage di Capaci (23 maggio), arriva – in un’intervista – a pronunciare esplicitamente queste parole: “[…] io ricordo ciò che mi disse Ninni Cassarà (poliziotto anch’egli ucciso dalla mafia, ndr) allorché ci stavamo recando assieme sul luogo dove era stato ucciso il dottor Montana alla fine del 1985, credo. Mi disse: «Convinciamoci che siamo dei cadaveri cha camminano»” (Intervista rilasciata a Lamberto Sposini il 24 giugno 1992).
La Città di Paullo, nel trentennale della strage di Via D’Amelio, ricorda la figura eroica di Paolo Borsellino, con le parole espresse dal Presidente della Repubblica Mattarella: “La limpida figura del giudice Borsellino – che affermava, che chi muore per la legalità, la giustizia, la liberazione dal giogo della criminalità, non muore invano – continuerà a indicare ai magistrati, ai cittadini, ai giovani la via del coraggio, dell’intransigenza morale, della fedeltà autentica ai valori della Repubblica” (Dichiarazione del Presidente Mattarella per il 28° anniversario dell'uccisione del Giudice Borsellino, 19 luglio 2020).